Arrêt nº 4C.306/1999 de Ire Cour de Droit Civil, 11 juillet 2000

Conférencierpublié
Date de Résolution11 juillet 2000
SourceIre Cour de Droit Civil

Testo Pubblicato

Chapeau

127 III 33

  1. Estratto della sentenza del 11 luglio 2000 della I Corte civile nella causa Jumbo Sud SA contro Brico SA (ricorso per riforma)

    Faits à partir de page 34

    BGE 127 III 33 S. 34

    A.- La presente vertenza vede coinvolte due società ticinesi attive nel settore "fai da te".

    La Brico S.A. (di seguito: Brico), con sede a Lamone, è iscritta a registro di commercio dal 1983 e possiede cinque negozi nel Cantone Ticino. Dal 1985 essa è titolare di un marchio verbale-figurativo che, oltre alla menzione "Brico - Centro del fai da te", comprende la raffigurazione grafica di un omino con un martello in mano che pronuncia la frase "Salve amico - vieni anche tu alla Brico!".

    La Jumbo Sud S.A. (di seguito: Jumbo), con sede a Canobbio, è iscritta a registro di commercio dal 1985 e gestisce in Ticino tre centri commerciali, appartenenti alla catena Jumbo, diffusa in tutta la Svizzera. Dal 1997 essa ha inserito nella pubblicità e nelle insegne ticinesi la menzione "Brico & Hobby" accanto al logo "Jumbo"; nella svizzera romanda usa invece "Brico & Loisirs" e nella svizzera tedesca "Bau & Freizeit".

    B.- Ritenendo l'espressione utilizzata da Jumbo in Ticino in contrasto con le norme sulla protezione dei marchi e sulla concorrenza sleale, nonché con quelle sul diritto del nome, il 26 giugno 1997 la Brico ha convenuto la Jumbo e la Jumbo-Markt AG di Dietlikon direttamente dinanzi al Tribunale d'appello. L'attrice ha chiesto - previa l'adozione di misure cautelari - di ordinare alle convenute la cessazione, immediatamente e per il futuro, dell'uso in Ticino della parola "Brico" su tutto il loro materiale pubblicitario di propaganda, così come in ogni altro contesto. In prosieguo di causa le parti hanno deciso di rinunciare alla procedura provvisionale e di dimettere dalla lite la Jumbo-Markt AG.

    Con sentenza del 21 luglio 1999 la II Camera civile del Tribunale d'appello del Cantone Ticino ha accolto la petizione.

    C.- Prevalendosi della violazione del diritto federale la Jumbo è insorta il 1o settembre 1999 dinanzi al Tribunale federale con un ricorso per riforma volto alla modifica del giudizio impugnato nel senso di respingere la petizione. Nella risposta del 25 ottobre 1999 la Brico propone la reiezione del gravame.

    BGE 127 III 33 S. 35

    Extrait des considérants:

    Dai considerandi:

  2. Premesso che la registrazione di un marchio da parte dell'Ufficio federale della proprietà intellettuale non vincola il giudice civile, la Corte cantonale ha esaminato la tesi - addotta dalla convenuta - secondo la quale il termine "Brico" non potrebbe beneficiare della protezione quale marchio in quanto segno di dominio pubblico.

    Dalla perizia giudiziaria è emerso che tale vocabolo, pur non figurando nei dizionari italiani, francesi e tedeschi come sinonimo di "bricolage", gode effettivamente di una certa diffusione nelle aree francofone come mozzatura di questa stessa parola, la quale in tempi recenti è divenuta sinonimo dei prodotti del genere "fai da te" e va pertanto considerata di dominio pubblico, siccome descrittiva di un determinato tipo di merce. In queste circostanze, non risultando la troncatura del termine francese particolarmente fantasiosa né originale - tant'è che il vocabolo da cui deriva è facilmente riconoscibile - l'autorità ticinese ha concluso di dover assimilare "Brico" a un segno di dominio pubblico, ciò che ne esclude, di principio, la protezione come marchio (art. 2 lett. a LPM; RS 232.11).

    Considerato però che in Ticino il segno "Brico" viene ormai chiaramente identificato con la ditta attrice ed i suoi prodotti, la Corte cantonale ha deciso di garantirgli ugualmente protezione, a titolo eccezionale, in applicazione dell'art. 2 lett. a seconda frase LPM. Tale disposto - in vigore dal 1o aprile 1993 e applicabile alla fattispecie in rassegna in virtù dell'art. 76 cpv. 1 e cpv. 2 lett. b LPM - prevede infatti la possibilità di proteggere i segni di dominio pubblico qualora essi "si siano imposti come marchi per i prodotti o i servizi ai quali si riferiscono".

    Dovendosi ammettere l'asserita violazione del diritto dei marchi, alla convenuta è stato dunque ordinato di cessare immediatamente e per il futuro l'utilizzo, in Ticino, della parola "Brico".

  3. Il ricorso per riforma verte esclusivamente sull'applicazione dell'eccezione contemplata dalla citata norma, segnatamente sulla decisione di proteggere il segno in questione, di dominio pubblico, nonostante esso si sia imposto solamente nel Cantone Ticino. A mente della convenuta non è infatti pensabile un marchio "locale", i cui effetti siano limitati a una sola regione: la facoltà di concedere - eccezionalmente - a un segno di dominio pubblico una protezione uguale a quella di un marchio registrato presuppone ch'esso si sia imposto in tutta la Svizzera.

    BGE 127 III 33 S. 36

    1. Modificando la sua precedente giurisprudenza (DTF 55 I 262;DTF 81 I 298), nellaDTF 99 Ib 10 il Tribunale federale ha stabilito il principio secondo il quale, per essere protetto, un marchio dev'essersi imposto sul territorio svizzero (fanno eccezione solo le indicazioni di provenienza geografiche straniere, cfr.DTF 117 II 327 "Montparnasse").

      Questa giurisprudenza - ripetutamente confermata (cfr.DTF 120 II 144 consid. 3c pag. 151, con rinvii) - non risolve però il problema in esame, siccome riferita a fattispecie nell'ambito delle quali la diffusione del marchio, rispettivamente del segno di dominio pubblico, in Svizzera viene contrapposta a quella riscontrata all'estero. Il Tribunale federale non si è per contro ancora pronunciato sulla questione specifica dell'estensione geografica dell'uso del marchio entro i confini nazionali.

    2. A sostegno della loro decisione di proteggere un segno di dominio pubblico che si è imposto solo a livello locale, i giudici ticinesi hanno citato MARBACH (Markenrecht, in: Schweizerisches Immaterialgüter- und Wettbewerbsrecht, vol. III, Basilea 1996, pag. 56). In realtà questo autore non è così categorico come lascia intendere la sentenza impugnata. Pur ritenendo la diffusione locale sufficiente qualora anche l'uso del segno sia limitato alla stessa zona, egli ha infatti rilevato il conflitto esistente tra la necessità - di per sé non esclusa dall'art. 2 lett. a LPM - di proteggere anche i segni diffusi localmente o regionalmente e l'esigenza più generale di mantenerli liberi, a disposizione di tutti, visto che si sono affermati - appunto - soltanto in uno spazio limitato.

      Pochi sono invero gli autori che hanno trattato la questione.

      MATTER (Kommentar zum Bundesgesetz betreffend den Schutz der Fabrik- und Handelsmarken, der Herkunftsbezeichnungen von Waren und der gewerblichen Auszeichnungen, Zurigo 1939, art. 3 a pag. 63) propone di distinguere a seconda della natura del segno di dominio pubblico: un segno comune o banale (primitive Marke) è suscettibile d'essere protetto non appena i consumatori finali ne riconoscono la forza distintiva per l'uso anche solo locale; un segno libero (Freizeichen) può venire protetto tosto che sia cessato l'uso comune e che un unico titolare lo usi da molto tempo; una designazione generica o descrittiva (Beschaffenheitsangabe) esige invece di essere riconosciuta come marchio individualizzante in tutto il paese o, comunque, nelle parti in cui viene usata. Anche JENE-BOLLAG (Die Schutzfähigkeit von Marke und Ausstattung unter dem Gesichtspunkt des Freihaltebedürfnisses, Basilea 1981, pag. 128-133)BGE 127 III 33 S. 37

      auspica soluzioni differenziate. Per quest'autrice il segno di dominio pubblico può, di principio, essere registrato se l'uso individualizzante si è imposto in tutte le regioni della Svizzera. Deroghe sono però possibili nei settori per...

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